Dobbiamo confessare che, passata la grande emozione della 'due giorni celebrativa', ci siamo guardati in faccia soddisfatti e increduli. Tutto era finito ma, soprattutto, tutto si era svolto oltre le più rosee aspettative: nessuno dei protagonisti si era fatto male (rischio concreto, dal momento che molti non scendevano in campo da decenni), AROP aveva incassato una cifra importante da destinare al reparto di Pediatria dell'Ospedale e, in particolare, il vecchio Flaminio si era riempito dei cori e dell'entusiasmo di centinaia di persone 'innamorate'. Non 'tifose', ma 'innamorate': sarebbe comunque riduttivo definirle altrimenti. A tutte loro va il nostro appassionato "grazie".
Alla fine è poi emersa un'ultima considerazione. Avevamo giocato con il fuoco, avevamo dopotutto "rischiato". Rischiato che anche questo revival, come tutte le riproposizioni nostalgiche di un'epoca passata, si risolvesse in un clima permeato di tristezza per "i bei tempi andati", nel quale un gruppo di attempati atleti e di un manipolo di irriducibili tifosi tentavano di perseguire maldestramente qualcosa di irripetibile, tipo "Il Grande Freddo". C'è a volte qualcosa di opprimente, intangibile e malinconico nel ritrovarsi cambiati nelle ambizioni e nelle aspettative. Ma, incredibilmente, non è stato così.
Ritrovare e ritrovarsi dopo venticinque anni è stato commovente, ma anche entusiasmante. Non ci siamo guardati sbigottiti denunciando la pesantezza dei venticinque anni in più sulle spalle, ma tornando tutti - ma proprio tutti, giocatori e tifosi - al 1984, con gioia, passione e scoprendo un legame personale che va al di là delle semplici parole.
"Da sabato ho 25 anni in meno" mi ha scritto via SMS il grandissimo Giò Ottaviani: una frase che riassume in modo straordinario il clima respirato negli ultimi giorni.
Io stesso avevo convissuto "virtualmente" con i singoli giocatori nei quattro mesi precedenti, dedicati alla stesura del libro... ma quando li ho rivisti assieme ho capito realmente il perché quella squadra vincesse così tanto e avesse trascinato, nel pomeriggio di un sabato settembrino, persone 'innamorate' a percorrere 800 chilometri in auto solo per vederli scendere i campo nuovamente... o a versare qualche lacrima satura di passione, di affetto e di stima nell'intravedere una maglia, un marchio, un volto, nel sentire pronunciare un cognome o un soprannome, nell'intravedere nello "schema 2", nell'entrata di Cecco, nell'apertura di Gig il perché battesse forte il cuore per quello che appariva semplicemente come un gesto atletico ma, in realtà, era il ripetersi di un rito collettivo. Luca Ioli ha ragione quando dice che un contropiede può trascinare con se' migliaia di persone: questo è lo sport e la forza insondabile che, in rari ma fortunatamente emblematici casi, riesce ad esprimere nella passione popolare.
Le emozioni e le manifestazioni di stima espresseci dai tifosi durante e dopo l'evento sono state per noi lusinghiere e decisamente toccanti: ringraziamo tutti per "esserci stati". E ringraziamo soprattutto quei ragazzi che non solo fecero l'impresa, ma hanno dimostrato di essere ancora talmente speciali da poterla ripetere... semplicemente ritrovandosi.