È stato l’allenatore di basket più vincente in Europa, nel 1983. Piero Pasini, romagnolo di Forlimpopoli, forse il solo coach italiano ad avere un club di tifosi tutto per lui, è l’uomo che ha proiettato sulla scena internazionale la luce della “stella” Zolu. Alla guida della squadra femminile vicentina, Piero Pasini ha vinto campionato e Coppa dei Campioni come “top” di una stagione esaltante contrassegnata da 39 vittorie e appena 7 sconfitte. Il coach che neppure quattro mesi fa cavalcava la tigre del successo, ha chiuso a chiave in un cassetto la gloria e ha scelto di indossare gli abiti umili di un club maschile di serie A.2 che più non può, e non vuole, pavoneggiarsi con programmi ambiziosi. Ora, semplicemente, Rimini chiede fiducia e simpatia per interpretare in tranquillità un campionato decoroso.
Pasini sa di rischiare con questo Basket Rimini che appare tutt’altro che forte, ma l’allenatore ha sangue romagnolo nelle vene e da uomo orgoglioso accetta la barricata.
Sa di essere destinato a soffrire, nella prossima stagione agonistica. «E sono pronto a farlo, con la convinzione tuttavia che questa squadra saprà ben comportarsi e offrirà delle soddisfazioni agli sportivi di Rimini».
Conosciamo Pasini, lo spessore dell’uomo, la sua schiettezza, la sua onestà e sappiamo che, anche nei momenti più difficili, non rimpiangerà mai d’aver lasciato il “paradiso” dello Zolu.
«L’esperienza nella femminile, e a Vicenza, è stata stupenda e credo che, a quel livello, farebbe bene a molti allenatori».
Pasini porterà Vicenza per sempre nel cuore, ma necessità familiari lo hanno sollecitato ad interrompere il felice rapporto con lo Zolu e a tornare (dopo dieci anni) in Romagna. Ha fatto questa scelta per amore di Monica, la figlioletta che adesso ha sette anni e che, crescendo, più bisogno di avere vicino il suo papà. La mamma è morta qualche anno fa.
Il destino ha segnato presto la vita di Piero Pasini: allenava a Brindisi, nel 1980, quando rimase solo, all’improvviso, con la sua figlioletta. Da allora Monica ha vissuto con i nonni, mentre la professione di coach portava suo padre in giro per l’Italia e per l’Europa. “Papà, tu vuoi più bene alla pallacanestro che a me...”, sussurrò Monica qualche tempo fa. Quella frase, così intensa nella sua ingenuità, ha determinato la scelta di Piero Pasini che non ha esitato a rinunciare alla squadra Campione d’Europa pur di tornare nella natia Romagna e stare accanto alla figlia. Ha così accettato le offerte riminesi. Qui ha trovato una squadra modesta (ma che con l’entusiasmo e con una buona programmazione di lavoro può diventare decisamente valida) e, purtroppo, una società senza sponsor.
Strano, veramente strano: Rimini capitale del turismo, Rimini con la sua vita variopinta e la maestosa struttura alberghiera. Rimini con i suoi operatori turistici, discoteche, luci psichedeliche e leggendari locali notturni, è città che non riesce ad assicurare un appoggio economico, un semplice aiuto, ad una squadra che dovrebbe essere l’immagine della città. Rimini è improvvisamente diventata insensibile? Come sembrano lontani i tempi della Sarila, della Sacramora, degli importanti imprenditori e dei grandi giocatori! Erano gli anni di uomini come Franco Zavatta e Migani, erano gli anni di campioni come Howard, Zampolini, Vecchiato, Francescatto: propositi bellicosi, dimensione da voli pindarici, ecco il basket riminese di qualche anno fa, ma furono i tempi della grande illusione. Rimini non seppe gestire tanta fortuna, Rimini non è riuscita a decollare ed ha fallito laddove invece Forlì ha fatto centro perché è riuscita dal punto di vista societario a far quadrare meglio i conti.
Adesso il basket riminese non naviga più nell’oro, ma l’attuale società ha capito la lezione del passato. La volontà non manca, e neppure l’entusiasmo. Commenta Pasini: “Ora si tratat di trovare un filo conduttore comune fra città, industrie e pubblico in modo che vengano convogliate su questa squadra le giuste ambizioni di una città come Rimini. I ragazzi riminesi si tuffano nella pallacanestro: è l’entusiasmo di tanti giovani che chiedono sport la molla che spinge il Basket Rimini a lavorare sempre con maggiore professionalità”.
Maurizio Roveri, 3 settembre 1983