lunedì 31 agosto 2009

Alessandro Cancian ricorda...

Mi è capitato spesso di vedere alcuni vecchi o giovani amici – più o meno a conoscenza del mio brevissimo (e direi ancestrale) passato di baskettaro – stralunare gli occhi e svoraginare la bocca in segno di assoluto sbigottimento nell’apprendere della mio pressoché totale analfabetismo circa la pallacanestro contemporanea.

“Non sei più andato a vedere una partita?” – “ Davvero non segui più il basket?” . “Ma perché?”

Queste alcune delle domande più ricorrenti alle quali rispondo sempre alla solita maniera.
“Ma tu te lo ricordi il basket a Rimini 25 anni fa?” (risposta per i più attempati)
“Perché tu non hai avuto la fortuna di vivere il basket a Rimini della mitica Marr” (risposta per gli under 35)

Proprio così! La mitica Marr! La squadra rivelazione che nella metà degli anni ottanta riuscì nell’impresa di portare il grande basket nella nostra città recitando un ruolo di assoluta protagonista.

Il basket dei grandi campioni, il basket fatto di 8 italiani e due stranieri, il basket delle giovanili che sfornavano talenti a rotta di collo, il basket dei tecnici leggendari, il basket che la finale per la coppa campioni era tra due squadre italiane, il basket che se pensavi ad un italiano nell’NBA era pura astrofisica, il basket che riempiva i palazzotti e pure durante gli allenamenti!!!

Al tempo ero poco più che un burdèl , ma grazie all’onore che mi fu riservato di vivere quella esperienza incredibile allenandomi spalla a spalla con autentici campioni di sport e di vita, posso senza indugi proferire la frase per eccellenza “Io c’ero!”

E sfido chiunque abbia come me vissuto quegli anni straordinari – da giocatore, da dirigente, da appassionato, da semplice tifoso – a non voler ripetere con me la stessa affermazione.

Già! I tifosi! Se c’è una cosa che non scorderò sono proprio loro. L’autentica muraglia umana che stipava all’inverosimile il Palasport Flaminio applaudendo, incitando e berciando per tutti i 40 minuti della partita nello sforzo di sostenere la squadra, comunque andasse. Un entusiasmo che contagiava anche noi giocatori e che rendeva ogni partita, a partire dalla elettrizzante entrata in campo fino allo scadere, una emozione da pelle d’oca...

(continua...)

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