Quando, nel maggio scorso, ci balenò per la mente la “folle” idea di rimettere insieme la squadra della Marr 1983/84 protagonista della prima, miracolosa e memorabile promozione in serie A1 nella storia cestistica riminese, per festeggiare il venticinquennale di quel leggendario risultato sportivo, leggevamo negli occhi e nei sorrisi della gente l’incredulità e un velo di sarcasmo. «Beh, sì: qualche giocatore forse verrà...» ci rispondevano tutti, non sapendo in verità che la scaramanzia ci proibiva di palesare la già completa e immediata adesione dei protagonisti, a partire dagli “irraggiungibili” americani Sims e Wansley. “Non ho dubbi sulla partecipazione di tutti: quella era una vera squadra” ci disse con l’istinto del playmaker il mitico Maurizio “Cit” Benatti, preannunciando una sorta d’irrefrenabile entusiasmo che effettivamente si è scatenato tra i giocatori, oggi in molti casi ultracinquantenni ma non per questo demotivati, all’idea di tornare a Rimini per scendere nuovamente sul parquet ad un quarto di secolo di distanza. Così è stato.
Come molti riminesi sanno, quasi cinque mesi sono passati dalla genesi di quella idea folle ma affascinante, un libro celebrativo - “I ragazzi che fecero l’impresa. Basket Rimini 1984, la vittoria della volontà” - è stato scritto e pubblicato (e acquistato con ingordigia da un pubblico attento, rendendo il sottoscritto fiero di aver soddisfatto un’evidente passione tuttora radicata e transgenerazionale) ma, soprattutto, una partita celebrativa è stata giocata con qualche chilo di troppo attorno alla vita, molti capelli in meno sul capo (e tante lacrime di emozione sulle tribune) da un gruppo leggendario di “ex-ragazzi”, oggi uomini di mezza età, magari con meno muscoli... ma sempre con un cuore enorme.
E in quel bellissimo istante durato alcuni giorni in attesa della partita di sabato 12 settembre, durante il quale gli ospiti si sono resi disponbili a ricevere gli inevitabili e lusinghieri abbracci (emotivi e fisici) del pubblico, una menzione particolare la merita la serata di mercoledì 9 trascorsa nella squisita e ospitale atmosfera del Borgo con Maurizio Benatti, Giorgio Cecchini, Ernest Wansley e Gig Sims (padroni di casa Luca Miserocchi e l’amico - nonché co-fondatore del nostro Comitato organizzatore - Moreno Maresi). Senza peccare di piaggeria - considerando la destinazione di questa mia testimonianza - posso affermare con emozione che quell’incontro è stato eccezionalmente caloroso e intimo, non formale e per questo particolarmente toccante. I giocatori e il sottoscritto hanno in quel momento percepito la reale passione sportiva popolare vissuta in quella che, si può certamente affermare senza timore di smentite, è per cultura e tradizione la culla della pallacanestro cittadina (l’epica foto raffigurante Enzo Corbari e Gian Maria Carasso nell’inedita veste di giocatori ne è la miglior testimonianza).
Come ho già avuto modo di scrivere, quando ho rivisto i ragazzi tutti assieme ho capito realmente il perché quella squadra vincesse così tanto e avesse trascinato, nel pomeriggio di un sabato settembrino, persone 'innamorate' a percorrere in alcuni casi sino ad 800 chilometri in auto solo per vederli scendere i campo nuovamente... o a versare qualche lacrima satura di passione, di affetto e di stima nell'intravedere una maglia, un marchio, un volto, nel sentire pronunciare un cognome o un soprannome, nell'intravedere nello "schema 2", nell'entrata di Cecco, nell'apertura di Gig il perché battesse forte il cuore per quello che appariva semplicemente come un gesto atletico ma, in realtà, era il ripetersi di un rito collettivo. Luca Ioli ha ragione quando dice che “un contropiede può trascinare con se' migliaia di persone”: questo è lo sport e la forza insondabile che, in rari ma fortunatamente emblematici casi, riesce ad esprimere nella passione popolare.
Le emozioni e le manifestazioni di stima espresseci dai tifosi durante e dopo l'evento sono state per noi lusinghiere e decisamente toccanti: ringraziamo tutti per "esserci stati". E ringraziamo soprattutto quei ragazzi che non solo fecero l'impresa, ma hanno dimostrato di essere ancora talmente speciali da poterla ripetere... semplicemente ritrovandosi.